domenica 18 ottobre 2009

Mafalda di Savoia


L’armistizio dell’8 settembre 1943 provocherà l’arresto di Filippo d’Assia in Germania, mentre il 22 settembre 1943 sarà l’ultimo giorno trascorso a Roma da Mafalda di Savoia: l’ex tenente colonnello della Gestapo, Herbert Kappler, farà giungere Mafalda presso l’ambasciata germanica di Roma, attirandola con l’ingannevole possibilità di un contatto telefonico con il marito, ma l’unico scopo era quello di trarla in arresto e deportarla a Berlino ad opera del tenente Theil. Dall’ufficio IV delle SS. nell’acquartieramento della Gestapo a Berlino, Mafalda d’Assia viene trasferita, il 18 ottobre 1943, nel campo di concentramento di Buchenwald, nella baracca 15. Per gli undici mesi successivi resterà lì e sarà conosciuta con il nome di Frau von Weber. Secondo le testimonianze raccolte, tra cui quella della compagna d’internamento Tony Breitscheid (moglie di un deputato socialdemocratico tedesco, anch’egli alloggiato nella baracca 15) sappiamo che abitava in una costruzione all’esterno del campo di concentramento vero e proprio, in mezzo ad un piccolo terreno piantato a faggi, circondato da un muro sormontato da filo spinato elettrificato. Nella baracca Mafalda aveva come assistente una certa Maria Ruhnau. Tralasciando la situazione psicologica della principessa, il trattamento riservato alla baracca, in termini di cibo era notevolmente migliore rispetto agli internati del campo, purtroppo il vestiario e soprattutto le calzature di Mafalda lasciavano grosse difficoltà di adattamento per il freddo inverno. La baracca 15 era all’esterno del campo (quasi un privilegio!), ma vicina alle Officine Gustloff che lavoravano per scopi bellici. Tra luglio e agosto 1944 aumentarono i bombardamenti americani e inglesi sulla zona, attirati soprattutto dalla fabbrica di componenti bellici. Il 24 agosto i bombardamenti aumentarono ulteriormente, gli occupanti della baracca 15, per allontanarsi dall’obiettivo degli alleati, si rifugiarono nel fossato attiguo: una bomba incendiaria distrusse completamente la baracca, un’altra provocò ustioni alla principessa e la morte del marito della signora Breithschneid. Mafalda durante il trasferimento alla pseudo-infermeria improvvisata per l’occasione (allestita all’interno del “bordello” del campo in cui non mancavano arredi confortevoli), incontra i deportati italiani Vittorio e Rino Rizzo a cui dice: “ricordatevi di me come di una vostra sorella italiana”. La principessa ebbe le prime cure da parte di un medico ceco prigioniero anche lui, poi venne “seguita” dal medico capo del campo di concentramento Gerhard Schieldlausky. Il braccio sinistro era completamente bruciato, si attivò solo una terapia di bonificazione cardiaca invece di lenire le ustioni; solo il 28 agosto, dopo aver favorito la cancrena e l’ulteriore indebolimenti fisico, fu operata, con un intervento “tecnicamente impeccabile” che, però, favorì un’enorme perdita di sangue. Da quel “delitto sanitario” Mafalda non si risvegliò più. La mattina seguente il sacerdote boemo padre Joseph Tyl rinvenne la salma nuda di Mafalda in prossimità del forno crematorio, riuscì a farsela consegnare e la seppellì nel cimitero delle SS a Weimar. La tomba aveva una tabella in legno con il numero 262 e la scritta Eine unbekannte Frau (una donna sconosciuta).

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