11 novembre 1940
La Royal Navy lancia il primo attacco da portaerei della storia sulla flotta della Regia Marina a Taranto.
Con Notte di Taranto ci si riferisce ad un attacco aereo della seconda guerra mondiale avvenuto nella notte tra l'11 ed il 12 novembre 1940.
In quella data, tristemente nota anche come la prima Pearl Harbor italiana, la flotta navale della Regia Marina italiana dislocata nel porto di Taranto, riportò gravi danni in seguito ad un massiccio bombardamento ad opera della flotta aerea della Royal Navy britannica.
Con Notte di Taranto ci si riferisce ad un attacco aereo della seconda guerra mondiale avvenuto nella notte tra l'11 ed il 12 novembre 1940.
In quella data, tristemente nota anche come la prima Pearl Harbor italiana, la flotta navale della Regia Marina italiana dislocata nel porto di Taranto, riportò gravi danni in seguito ad un massiccio bombardamento ad opera della flotta aerea della Royal Navy britannica.
L'Operazione Judgement
La Royal Navy, nella persona del Comandante in Capo della Mediterranean Fleet, ammiraglio Andrew Cunningham, decise di allestire un'operazione per affondare o danneggiare le unità navali italiane dislocate nella base di Taranto, perfezionando un piano di attacco notturno con aerosiluranti studiato già nel 1935 dall'Ammiraglio Lumley Lyster, all'epoca della guerra d'Etiopia. Il piano era molto rischioso e contava molto sul fattore sorpresa, in quanto le portaerei da cui sarebbero decollati gli aerei per compiere la missione, dovevano portarsi ad almeno 130 miglia dalla costa italiana, con il rischio di essere scoperte dal nemico. Inoltre si doveva illuminare la rada ricorrendo al supporto di aerei bengalieri, mentre gli aerosiluranti avrebbero dovuto volare a pelo d'acqua, per eludere le batterie contraeree e per evitare che i siluri affondassero nel fango del fondale basso. Tuttavia, se le navi italiane avessero steso le cortine fumogene, l'azione sarebbe certamente fallita.
Il pomeriggio del 6 novembre 1940 l'operazione ebbe inizio: le navi da battaglia Malaya, Ramillies, Valiant e Warspite, la portaerei Illustrious, gli incrociatori Gloucester e York e 13 cacciatorpediniere, salparono da Alessandria d'Egitto diretti verso Malta, nei cui pressi stazionava la portaerei Eagle. L'8 novembre, allarmato da queste manovre nel Mar Mediterraneo, il Comando supremo della Marina italiana inviò unità cacciatorpediniere, torpediniere e sommergibili di pattuglia nel canale di Sicilia, mentre nella base di Taranto fu fatto concentrare il grosso della forza navale italiana. Le navi britanniche raggiunsero Malta nella giornata del 10 novembre, ed il giorno seguente la portaerei Illustrious cominciò a dirigersi verso il punto prefissato per il lancio degli aerei verso Taranto. La portaerei Eagle non poté invece salpare a causa di un'avaria al motore: questo inconveniente dimezzò praticamente il numero di aerei disponibili, ma non costrinse a rinviare l'incursione.
Le ricognizioni degli aerei britannici su Taranto si protrassero fino alla sera dell'11 novembre, quando la Royal Navy apprese che nelle due rade del porto di Taranto si erano riunite le navi da battaglia Andrea Doria, Caio Duilio, Conte di Cavour, Giulio Cesare, Littorio e Vittorio Veneto, gli incrociatori pesanti Bolzano, Fiume, Gorizia, Pola, Trento, Trieste e Zara, i due incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi e vari cacciatorpediniere. Per citare un'espressione dell'ammiraglio Andrew Cunningham: "Tutti i fagiani erano nel nido". A difesa del porto erano previsti 87 palloni di sbarramento, ma le cattive condizioni climatiche dei giorni precedenti ne avevano strappati 60 e non si erano ancora potuti rimpiazzare a causa della mancanza di idrogeno. Le unità navali erano protette da reti parasiluri, ma degli 8.600 metri necessari per una difesa efficace, ne erano stati posati appena 4.200 metri. Queste reti erano comunque distese per soli 10 metri sotto il livello del mare, lasciando quindi uno spazio non protetto tra la rete stessa ed il fondale. L'Ammiraglio di Squadra Inigo Campioni inoltre, aveva richiesto che le reti parasiluri fossero sistemate ad una distanza dalle sue navi tale da poter salpare rapidamente, senza prima dover rimuovere le protezioni.
Alle ore 20.30 dalla portaerei Illustrious cominciarono le operazioni di decollo della prima ondata di aerei diretti verso Taranto. Giunti sull'obiettivo pochi minuti prima delle ore 23.00, furono accolti da un poderoso fuoco di sbarramento. Due bengalieri cominciarono a lanciare i bengala sulla sponda orientale del Mar Grande per illuminare i profili dei bersagli, mentre 6 aerosiluranti Fairey Swordfish iniziarono a scendere a quota di siluramento. Un primo velivolo, che venne poi abbattuto, sganciò un siluro contro la Conte di Cavour, squarciandone la fiancata sinistra, altri due mirarono contro l'Andrea Doria, senza però colpirla. Contemporaneamente quattro aerosiluranti danneggiarono i cacciatorpediniere Libeccio e Pessagno e bombardarono i depositi di carburante. Alle 23:15 due aerosiluranti attaccarono contemporaneamente la Littorio, colpendola sia a dritta che a sinistra, mentre l'ultimo Swordfish sganciò inutilmente un siluro contro la Vittorio Veneto.
Alle 23:20 gli aerei della prima ondata si ritirarono, ma alle 23:30 arrivarono gli aerei della seconda ondata. Nonostante il fuoco di sbarramento, un primo Swordfish sganciò un siluro contro la Caio Duilio colpendola a dritta, mentre due aerosiluranti colpirono la Littorio. Un altro aereo mirò alla Vittorio Veneto che anche questa volta fu risparmiata, mentre un secondo Swordfish venne abbattuto nel tentativo di attaccare la Gorizia. Infine un ultimo attacco danneggiò seriamente l'ncrociatore Trento. Gli ultimi aerei si ritirarono alle ore 0:30 del 12 novembre: l'attacco contro Taranto era terminato provocando 59 vittime. In 90 minuti gli aerosiluranti della Royal Navy avevano prodotto danni ingenti, in quanto metà della forza navale italiana era stata messa fuori combattimento.
L'esito dell'incursione dimostrò soprattutto quanto fosse sbagliata la convinzione secondo cui gli aerosiluranti non avrebbero potuto colpire le navi all'interno delle basi, a causa dei bassi fondali, ma soprattutto segnò un punto di svolta nelle strategie della guerra sul mare, affidando all'aviazione e quindi alle portaerei un ruolo fondamentale nei futuri combattimenti.
Il pomeriggio del 6 novembre 1940 l'operazione ebbe inizio: le navi da battaglia Malaya, Ramillies, Valiant e Warspite, la portaerei Illustrious, gli incrociatori Gloucester e York e 13 cacciatorpediniere, salparono da Alessandria d'Egitto diretti verso Malta, nei cui pressi stazionava la portaerei Eagle. L'8 novembre, allarmato da queste manovre nel Mar Mediterraneo, il Comando supremo della Marina italiana inviò unità cacciatorpediniere, torpediniere e sommergibili di pattuglia nel canale di Sicilia, mentre nella base di Taranto fu fatto concentrare il grosso della forza navale italiana. Le navi britanniche raggiunsero Malta nella giornata del 10 novembre, ed il giorno seguente la portaerei Illustrious cominciò a dirigersi verso il punto prefissato per il lancio degli aerei verso Taranto. La portaerei Eagle non poté invece salpare a causa di un'avaria al motore: questo inconveniente dimezzò praticamente il numero di aerei disponibili, ma non costrinse a rinviare l'incursione.
Le ricognizioni degli aerei britannici su Taranto si protrassero fino alla sera dell'11 novembre, quando la Royal Navy apprese che nelle due rade del porto di Taranto si erano riunite le navi da battaglia Andrea Doria, Caio Duilio, Conte di Cavour, Giulio Cesare, Littorio e Vittorio Veneto, gli incrociatori pesanti Bolzano, Fiume, Gorizia, Pola, Trento, Trieste e Zara, i due incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi e vari cacciatorpediniere. Per citare un'espressione dell'ammiraglio Andrew Cunningham: "Tutti i fagiani erano nel nido". A difesa del porto erano previsti 87 palloni di sbarramento, ma le cattive condizioni climatiche dei giorni precedenti ne avevano strappati 60 e non si erano ancora potuti rimpiazzare a causa della mancanza di idrogeno. Le unità navali erano protette da reti parasiluri, ma degli 8.600 metri necessari per una difesa efficace, ne erano stati posati appena 4.200 metri. Queste reti erano comunque distese per soli 10 metri sotto il livello del mare, lasciando quindi uno spazio non protetto tra la rete stessa ed il fondale. L'Ammiraglio di Squadra Inigo Campioni inoltre, aveva richiesto che le reti parasiluri fossero sistemate ad una distanza dalle sue navi tale da poter salpare rapidamente, senza prima dover rimuovere le protezioni.
Alle ore 20.30 dalla portaerei Illustrious cominciarono le operazioni di decollo della prima ondata di aerei diretti verso Taranto. Giunti sull'obiettivo pochi minuti prima delle ore 23.00, furono accolti da un poderoso fuoco di sbarramento. Due bengalieri cominciarono a lanciare i bengala sulla sponda orientale del Mar Grande per illuminare i profili dei bersagli, mentre 6 aerosiluranti Fairey Swordfish iniziarono a scendere a quota di siluramento. Un primo velivolo, che venne poi abbattuto, sganciò un siluro contro la Conte di Cavour, squarciandone la fiancata sinistra, altri due mirarono contro l'Andrea Doria, senza però colpirla. Contemporaneamente quattro aerosiluranti danneggiarono i cacciatorpediniere Libeccio e Pessagno e bombardarono i depositi di carburante. Alle 23:15 due aerosiluranti attaccarono contemporaneamente la Littorio, colpendola sia a dritta che a sinistra, mentre l'ultimo Swordfish sganciò inutilmente un siluro contro la Vittorio Veneto.
Alle 23:20 gli aerei della prima ondata si ritirarono, ma alle 23:30 arrivarono gli aerei della seconda ondata. Nonostante il fuoco di sbarramento, un primo Swordfish sganciò un siluro contro la Caio Duilio colpendola a dritta, mentre due aerosiluranti colpirono la Littorio. Un altro aereo mirò alla Vittorio Veneto che anche questa volta fu risparmiata, mentre un secondo Swordfish venne abbattuto nel tentativo di attaccare la Gorizia. Infine un ultimo attacco danneggiò seriamente l'ncrociatore Trento. Gli ultimi aerei si ritirarono alle ore 0:30 del 12 novembre: l'attacco contro Taranto era terminato provocando 59 vittime. In 90 minuti gli aerosiluranti della Royal Navy avevano prodotto danni ingenti, in quanto metà della forza navale italiana era stata messa fuori combattimento.
L'esito dell'incursione dimostrò soprattutto quanto fosse sbagliata la convinzione secondo cui gli aerosiluranti non avrebbero potuto colpire le navi all'interno delle basi, a causa dei bassi fondali, ma soprattutto segnò un punto di svolta nelle strategie della guerra sul mare, affidando all'aviazione e quindi alle portaerei un ruolo fondamentale nei futuri combattimenti.
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