Il decreto legge n. 1831 del 6 novembre 1926 dispone la conversione obbligatoria in un nuovo titolo del Debito Consolidato (il Prestito del Littorio) di 15.209 milioni di B.O.T., di 1.148 milioni di B.T.P. quinquennali e di 4.000 milioni di B.T.P. settennali, per un totale di 20.357 milioni che, in virtù dei prezzi di conversione per i vari tipi di titoli citati e dei versamenti in contanti per circa 3,5 miliardi di lire, portano le sottoscrizioni del prestito ad oltrepassare i 27,5 miliardi.
La massiccia conversione d'imperio viene accolta senza particolari proteste da parte dell'opinione pubblica che accetta senza colpo ferire il provvedimento, che è interpretato e vissuto come un sacrificio chiesto al risparmio privato per concorrere al salvataggio della lira e quindi delle pubbliche finanze, nella previsione che i costi immediati dell'operazione saranno poi compensati dai vantaggi che essa assicurerà in futuro.
Una volta assorbito lo shock dell'annuncio, il mercato proseguirà sul sentiero già tracciato dell'apprezzamento del cambio e con un massiccio reingresso di capitali: il consolidamento forzoso è dunque l'ultimo e decisivo tassello che consente al regime di vincere la "battaglia della lira".
La massiccia conversione d'imperio viene accolta senza particolari proteste da parte dell'opinione pubblica che accetta senza colpo ferire il provvedimento, che è interpretato e vissuto come un sacrificio chiesto al risparmio privato per concorrere al salvataggio della lira e quindi delle pubbliche finanze, nella previsione che i costi immediati dell'operazione saranno poi compensati dai vantaggi che essa assicurerà in futuro.
Una volta assorbito lo shock dell'annuncio, il mercato proseguirà sul sentiero già tracciato dell'apprezzamento del cambio e con un massiccio reingresso di capitali: il consolidamento forzoso è dunque l'ultimo e decisivo tassello che consente al regime di vincere la "battaglia della lira".
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