Fascisti. Gli italiani di Mussolini. Il regime degli italiani
tratto da: Giordano Bruno GUERRI, Fascisti. Gli italiani di Mussolini. Il regime degli italiani, Mondadori, Milano 1995.
"La rivoluzione francese aveva creato negli intellettuali una concezione etica dello Stato, visto come l'educatore primo cui occorreva tributare una dedizione di tipo religioso. Il romanticismo ottocentesco rafforzò questa idea: la patria -Stato e nazione- si sacralizzò come entità superiore, il popolo doveva amarla e adorarla nella vita quotidiana e nei momenti eccezionali essere pronto a ogni sacrificio che potesse glorificarla. [...] Mazzini [...] era stato il primo teorico moderno di un misticismo politico che innalzava la patria sopra gli individui e creava una religione civile centrata sulla nazione. Anche Benito Mussolini scrisse, il 7 dicembre 1920 sul «Popolo d'Italia»: «Noi lavoriamo per tradurre nei fatti quella che fu l'aspirazione di Giuseppe Mazzini: dare agli italiani il "concetto religioso della propria nazione"»" (p. 4).
"La libertà del fascismo [come quella del socialismo, ndr] si creava nello Stato perchè lo Stato era la Nazione, il Popolo. Intellettuali come Bottai potevano scrivere che la rivoluzione fascista era la «conclusione e la soluzione esauriente dei principi dell'89» perchè portava tutti gli individui a «identificarsi con lo Stato, esistere nello Stato, con lo Stato, per lo Stato»" (p. 119-120).
"Più che il rimpianto per il fascismo pesa ormai l'enfatizzazione dell'antifascismo, la nuova religione civile che fu imposta nel dopoguerra. [...] a una religione -quella della patria e del fascismo- se ne è sostituita un'altra più consona alla sensibilità contemporanea e alla nostra vita ma non per questo meno dogmatica: quella della democrazia, di cui la Resistenza e l'antifascismo sono, in Italia, fondamenti teorici, più astratti che reali" (p. 302-303).
"La libertà del fascismo [come quella del socialismo, ndr] si creava nello Stato perchè lo Stato era la Nazione, il Popolo. Intellettuali come Bottai potevano scrivere che la rivoluzione fascista era la «conclusione e la soluzione esauriente dei principi dell'89» perchè portava tutti gli individui a «identificarsi con lo Stato, esistere nello Stato, con lo Stato, per lo Stato»" (p. 119-120).
"Più che il rimpianto per il fascismo pesa ormai l'enfatizzazione dell'antifascismo, la nuova religione civile che fu imposta nel dopoguerra. [...] a una religione -quella della patria e del fascismo- se ne è sostituita un'altra più consona alla sensibilità contemporanea e alla nostra vita ma non per questo meno dogmatica: quella della democrazia, di cui la Resistenza e l'antifascismo sono, in Italia, fondamenti teorici, più astratti che reali" (p. 302-303).
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